In questa pagina,
spunti, pensieri e riflessioni a cura della Dott.ssa Stefania Martina.

>ARTICOLI
LA DEPRESSIONE: UNO STATO D’ANIMO, UNA DIAGNOSI PSICHIATRICA O UNA SOFFERENZA PROFONDA?
La nostra vita psichica è come un pendolo che, con il suo accompagnare e scandire il tempo delle emozioni di ognuno, oscilla tra un sentimento “maniacale”, di energia, sicurezza, progettualità e un sentimento “depressivo” di disinteresse, disorientamento, insicurezza. L’oscillazione tra questi due stati d’animo fa parte di noi...


A PROPOSITO DI STORIE DI OGNI GIORNO....
LO SPECCHIO RETROVISORE E IL MONDO DELLA COMUNICAZIONE

Si potrebbe apprendere tanto anche da uno specchio retroriflettente. Si, lo specchio retrovisore di una qualunque vettura destinata a svolgere un servizio particolare: quello di trasportare persone, storie, esperienze nello spazio e nel tempo di una città o di una strada; occhi che si incontrano, storie di vita che si sfiorano nel breve tratto di una “corsa” in un gioco di ruoli ben definito...

SMETTERE DI FUMARE! MA LO VOGLIO VERAMENTE?!!
“Voglio smettere di fumare!” Questo è il primo passo indispensabile per poter smettere di fumare. Infatti, per poter “togliere” la sigaretta dalla bocca è fondamentale avere ben salda la volontà di farlo. Sicuramente non è facile. E non lo è per i molteplici aspetti socio-economici che rinforzano il fenomeno...





>SPUNTI PER LA RIFLESSIONE

Una poesia, di qualche tempo fa, per riflettere su noi e sul nostro oggi troppo vicino a ieri, che ci fa correre il rischio di allontanarci da un domani coerente, corretto e fluido nei rapporti dentro e fuori di sé.

Cominciarono con gli zingari
Prima di tutto vennero a prendere gli zingari
e fui contento, perché rubacchiavano.

Poi vennero a prendere gli ebrei
e stetti zitto, perché mi stavano antipatici.

Poi vennero a prendere gli omosessuali,
e fui sollevato, perché mi erano fastidiosi.

Poi vennero a prendere i comunisti,
ed io non dissi niente, perché non ero comunista.

Un giorno vennero a prendere me,
e non c'era rimasto nessuno a protestare.

(da Bertolt Brecht)


Potrebbe essere la soluzione…
La vita dovrebbe essere vissuta al contrario.
Tanto per cominciare si dovrebbe iniziare morendo, così trichete e trachete il trauma è bello che superato.
Quindi ti svegli in un letto di ospedale e apprezzi il fatto che vai migliorando giorno dopo giorno. Poi ti dimettono perché stai bene e la prima cosa che fai è andare in Posta a ritirare la tua pensione e te la godi al meglio.
Col passare del tempo le tue forze aumentano, il tuo fisico migliora, le rughe scompaiono. Poi inizi a lavorare e il primo giorno ti regalano un orologio d’oro. Lavori quarant’anni finchè non sei così giovane da sfruttare adeguatamente il ritiro dalla vita lavorativa. Quindi vai di festino in festino, bevi, giochi, fai sesso e ti prepari per iniziare a studiare. Poi inizi la scuola, giochi con gli amici, senza alcun tipo di obblighi e responsabilità, finchè non sei bebè.
Quando sei sufficientemente piccolo ti infili in un posto che ormai dovresti conoscere molto bene. Gli ultimi nove mesi te li passi fluttuando tranquillo e sereno, in un posto riscaldato con room service e tanto affetto, senza che nessuno ti rompa i ciglioni.
E alla fine abbandoni questo mondo in un orgasmo.
Woody Allen

Lentamente muore.
Lentamente muore chi diventa schiavo delle abitudini, ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi, chi non cambia la marcia, chi non rischia e cambia colore dei vestiti, chi non parla a chi non conosce. Muore lentamente chi evita una passione, chi preferisce il nero su bianco e i puntini sulle “i” piuttosto che un insieme di emozioni, proprio quelle che fanno brillare gli occhi, quelle che fanno di uno sbadiglio un sorriso, quelle che fanno battere il cuore, davanti all’errore e ai sentimenti. Lentamente muore chi non capovolge il tavolo, chi è infelice sul lavoro, chi non rischia la certezza per l’incertezza per inseguire un sogno, chi non si permette almeno una volta nella vita di fuggire dai consigli sensati. Lentamente muore chi non viaggia, chi non legge, chi non ascolta musica, chi non trova grazia in se stesso. Muore lentamente chi distrugge l’amor proprio, chi non si lascia aiutare, chi passa i giorni a lamentarsi della propria sfortuna o della pioggia incessante. Lentamente muore chi abbandona un progetto prima di iniziarlo, chi non fa domande sugli argomenti che non conosce, chi non risponde quando gli chiedono qualcosa che conosce. Evitiamo la morte a piccole dosi, ricordando sempre che essere vivo richiede uno sforzo di gran lunga maggiore del semplice fatto di respirare. Soltanto l’ardente pazienza porterà al raggiungimento di una splendida felicità.
Pablo Neruda

La storia di noi…

Ognuno di noi ha una storia del proprio vissuto, un racconto interiore, la cui continuità, il cui senso è la nostra vita. Si potrebbe dire che ognuno di noi costruisce e vive un “racconto”, e che questo racconto è noi stessi, la nostra identità. Se vogliamo sapere qualcosa di un uomo, chiediamo: “Qual è la sua storia, la sua storia vera, intima?”, poiché ciascuno di noi è una biografia, una storia. Ognuno di noi è un racconto peculiare, costruito di continuo, inconsciamente da noi, in noi e attraverso di noi – attraverso le nostre percezioni, i nostri sentimenti, i nostri pensieri, le nostre azioni; e, non ultimo, il nostro discorso, i nostri racconti orali. Da un punto di vista biologico, fisiologico, noi non differiamo molto l’uno dall’altro; storicamente, come racconti, ognuno di noi è unico. Per essere noi stessi, dobbiamo avere noi stessi – possedere, se necessario ri-possedere, la storia del nostro vissuto. Dobbiamo ripetere noi stessi, nel senso etimologico del termine, rievocare il dramma interiore, il racconto di noi stessi. L’uomo ha bisogno di questo racconto, di un racconto interiore continuo, per conservare la sua identità, il suo sé.
(Oliver Sacks, “L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello”)